L’Europa, da Hawelka

5 Novembre 2008 § 1 commento

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La luce calda delle lampadine a incandescenza, i tavoli rotondi di legno con il ripiano di marmo, le sedie e gli attaccapanni Thonet, il velluto rosso a righe grigie e rosa dei divanetti, l’espositore con i giornali di tutta Europa, l’odore di caffè e di fumo, i suoni, le risa e i silenzi di quanto rimane della civiltà della conversazione. Non occorre aggiungere molto altro per descrivere un caffè di una qualsiasi città europea, ma questo in particolare è (o era?) uno dei più belli. Parlo del Café Hawelka di Dorotheergasse, a Vienna: chi c’è passato non lo dimentica facilmente. Mi è capitato di leggere per caso sul «Nouvel Observateur» il bellissimo articolo che Bernard Géniès ha dedicato a questa istituzione della socialità viennese il 7 agosto scorso, e ho pensato di riportarlo qui. Io ci sono capitato vent’anni fa, accompagnato da un’amica greca che studiava a Vienna e da un barbuto musicologo austriaco di lei segretamente innamorato, ma troppo intrappolato dalle rigidità mitteleuropee per dichiararsi. Tentò la carta della vita intellettuale notturna: ci fece entrare nel bellissimo caffè verso le dieci, e aspettò che arrivassero i leggendari Buchteln, i dolci con la marmellata calda dalla misteriosa ed esclusiva ricetta di Fräulein Hawelka, che compaiono all’improvviso solo dopo quell’ora, accolti da un compiaciuto mormorìo; li ordinò da vero habituè e aspettò che facessero il loro effetto sugli ospiti provinciali (in realtà l’unico a non averli mai provati ero io). Lo stratagemma erotico non sortì l’effetto desiderato sulla ragazza, ma per me fu una grande e piacevolissima sorpresa, una specie di debutto in società, dopo la delusione dell’anonimo Café Central, in cui ero stato spinto dalla letttura di Danubio, il libro-culto del Claudio Magris di quegl’anni. Ci tornai tutte le volte che potevo, nel tentativo (ovviamente vano), di diventare un habituè anch’io. Buchteln e tutto quanto.

Géniès scrive del mondo che si riuniva in questo caffè, degli scrittori e degli artisti, della bellissima storia di Leopold e Josefine Hawelka. Loro non ci sono più, e la ricetta dei Buchteln è passata ai figli Günther e Herta, e ai nipoti Amir e Michael. Sarà uno dei nipoti ad aver avuto l’idea del sito internet? Ora il locale è stato un po’ ripulito ed è ormai una meta turistica necessaria per chi voglia provare l’esperienza del caffè viennese; forse è giusto oltre che inevitabile che sia così, fa parte del normale ciclo di vita delle cose belle. Rimangono i ricordi, e naturalmente quella parte di atmosfera che il tempo non cancella. Géniès cita qualche aneddoto: bellissimo quello di Bernhard frequentatore fisso che un giorno stupisce tutti massacrando i suoi stessi compagni di caffè nel terribile A colpi d’ascia; ma continua a sedersi al suo tavolo, finché un giorno Leopold non gli chiede una dedica sul frontespizio di un suo romanzo per una cliente: Bernhard accetta educatamente, scrive quello che deve scrivere, e poi scompare per non tornare più. È proprio lui, come il mondo lo ha amato; e forse bisogna anche ricordare la sua massiccia demolizione del culto dei caffè viennesi, Hawelka compreso, nel Nipote di Wittgenstein.

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Sui caffè viennesi è stato scritto molto, e altrettanto è stato ricamato. Per qualche anno sono stati descritti come il centro nevralgico della civiltà culturale della mitteleuropa; erano gli anni d’oro di Magris, quando Musil era molto più letto di Proust, Thomas Mann era il grande classico del Novecento, Canetti la mirabile riscoperta, Mahler metteva alla prova ogni impianto stereofonico, Abbado, Sinopoli, Bernstein e altri ancora riportavano il secolo breve della musica alla sua vera lunghezza, addolcendo senza melassa il ricordo di un mondo inghiottito dagli orrori bellici e dall’onta dell’olocausto. Oggi sono cambiate molte cose: la nuova Europa ha tolto parte del suo misterioso fascino alla vecchia, mille nuovi problemi spingono a guardare altrove, il mondo si è ristretto e la questione delle radici culturali ha rivelato ancora una volta i suoi aspetti inquietanti. Eppure la forza con cui le vestigia di quella grande civiltà culturale e artistica sanno colpirci è ancora straordinaria; non è solo una rete di ricordi ancora largamente diffusa nella memoria collettiva, ma il riaffacciarsi di cose che hanno determinato e tuttora determinano parte del nostro modo di vivere e di pensare all’arte, alla bellezza e alla società civile. Una pagina, certo, non l’intero libro. Ma una pagina di quelle che se ti capita di saltare poi non capisci più il resto della trama.

§ One Response to L’Europa, da Hawelka

  • Dario ha detto:

    Ehi, quanta nostalgia! Eppure lo sai che i caffè letterari oggi sono più vivi che mai: prendi il caffè Arcadia di corso Tassoni a Torino, vicino a Rosario. Lì festeggeremo l’uscita di un libriccino…

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